27 nov 2014

Trentatré



Buonasera,
non dico molto qui, solo il titolo del romanzo di cui vi parlerò: Trentatré di Mirya.

Titolo: Trentatré
Autrice: Mirya
Autopubblicata su Amazon
Genere: narrativa

Data di pubblicazione: 14 novembre 2014
Disponibilità: ebook
Prezzo: 0.99 (ultimo prezzo visto su amazon)
Numero di pagine: 381
 



Trama: 
Trentatré sono i giorni che Dio Si impegna a trascorrere sulla terra, senza i Suoi poteri, prima che Suo Figlio acconsenta ad aiutarLo nell’Apocalisse.
Trentatré sono i giorni di cui Grace dispone per persuadere quel vecchio pazzo convinto di essere Dio che il mondo non può e non deve finire.
Trentatré sono i giorni in cui Michele deve affrontare i suoi demoni, per liberarsi del marchio di Caino e imparare di nuovo ad avere fiducia.
Trentatré sono i giorni necessari a cambiare per sempre le vite del vecchio Giò, di Amir, di Juliette e di tutti coloro che ruotano attorno allo stesso locale.

Perché la fortuna non è positiva né negativa, le cose migliori accadono per caso e il mondo è pieno di incastri.







Voglio ringraziare prima di tutto Chiara. Tranquilli, non sono pazza so che il romanzo l’ha scritto Mirya, ma con un po’ di pazienza arrivo al punto. Voglio ringraziare Chiara Fallsofarc per tantissime cose (tra cui avermi regalato –me lo sono presa- un secondo nome!), ma in questa sede mi limito. Chiara mi ha fatto innamorare dell’amore, di tutto ciò che è romantico e mi ha portato a leggere alcune tra le più belle storie originali romantiche di efp. Per me è sempre stata LA mecenate di Efp, infatti lei mi ha fatto conoscere Mirya, facendole pubblicità nelle note delle sue storie.
Comunque Chiara ha un altro merito, oltre ad avermi fatto conoscere le storie di Mirya, quello di aver costruito una famiglia. Si chiamava Canadese ed è stata un posto molto simile al Fortuna, il locale di Michele. Forse ci siamo un po’ perse di vista, ma io la ringrazierò ogni giorno per avermi fatto conoscere tante ragazze, tra cui Lele e Tinkerbell (che sono diventate delle amiche, confidenti, sorelle, zie...)
E sorrido pensando che qui sullo schermo ho appena costruito tutta una serie di incastri, che mi segnano, mi hanno segnata e mi segneranno.
E qui siamo al punto, perché gli incastri giocano un ruolo importantissimo in Trentatré.
Sono piuttosto impaurita da questa recensione, perché questo romanzo è davvero complesso, non è una storiellina, è la vita. Mirya è capace di farci ragionare sul significato di ogni giorno, sulle prospettive del futuro e su quanto siamo legati al passato. Ci fa far pace con la religione, perché ha creato un Dio, scusate un D, che è divinità, ma anche uomo. Un Dio che non ha le risposte, ma le cerca tanto come noi e pure insieme. D è vecchio, ma allo stesso tempo piccolo, un po’ come sono tutti i vecchietti. Forse crescendo, si torna davvero all’infanzia e lo vedo tutti i giorni con i miei nonni.
Comunque D ha visto tante volte il mondo, l’umanità, ma non l’ha mai vissuta e ora eccolo alle prese con i piedi, con il cervello, con la vescica... La macchina umana è ben fatta, ma non è facile da gestire nemmeno da chi l’ha creata.

«Il vostro corpo è uno strumento magnifico da usare, e inizio a pensare che ci voglia tutta la vita per imparare ad usarlo appieno ed apprezzarlo, il che rende la vostra vita una ricerca della perfezione. Una ricerca di me, quindi. Imparando ad amare il vostro corpo, imparate ad amare me, e viceversa

D insegna e impara, è padre e figlio, ma forse è così che si sente ogni genitore. Lui è sicuramente Padre di tutti, solo che ha ancora tanto da capire, tanto da apprendere e ogni giorno lo fa con noi.
È davvero unico, perché è il Dio, che vorrei. Il confidente, l’amico, l’ironico D.
Ma Mirya non ci dà solo un nuovo Dio, ma anche una grande famiglia adottiva, perché ricordate gli incastri? Ecco, questa piccola, buffa e strana famiglia è il miglior incastro che abbia mai letto in un romanzo. Mi sono anche rimessa a piangere ora, mentre scrivo, perché questo libro non è solo D, ma anche Grace, Michele, Consuelo, Sergio, Amir, Mimì, Mira, Gioia, il vecchio Giò, Juliette, Simon, Giò Giò (ricordiamo anche i dinosauri!). Tutti loro mi sono entrati nel cuore, ci sono arrivati con una potenza eccezionale.
Non è un romanzo facile, nel senso che non è tutto unicorni rosa, c’è sofferenza, dolore, incomprensioni, madri che non sanno fare le madri, donne che non possono avere figli, scelte sbagliate. Ci muoviamo con Grace in mezzo a tutto questo, perché è lei che all’inizio ha una visione troppo rosea della vita, nonostante tutto quello che le è successo. La sua forza sta nel sorridere ogni giorno e nel dare qualcosa agli altri, oltre che nel non voler perdere quella visione, ma solo adattarla.

«Proverò a vivere in questo ecosistema di asini e li trasformerò tutti in unicorni rosa!»

Grace è pura, sorprendente, difficile da fermare. È un personaggio che non ti aspetti. E giustamente è un fiocco di neve, uno di quelli che scende, ne sposta altri, fino a creare una valanga, una valanga positiva, che è capace di dare una mano di bianco alla vita delle persone. Ogni volta che la neve scenderà, mi ricorderò di lei e di Lily, sua madre e mi sentirò come il padre Sergio quando guardava le sue donne. Ogni nevicata sarà Natale, ogni fiocco sarà magia, anche se una piccola lacrima scapperà.
Per quanto riguarda gli altri, mi sono lasciata attrarre da Michele e il suo broncio, la sua incapacità a fidarsi e la sua capacità di strappare un “Dio” non invano (però ogni tanto l’avrei preso anche a padellate, eh!); mi sono divertita con Consuelo e le sue perle di saggezza, le battute ironiche e la mole di cibo esagerata; mi sono innamorata del piccolo Giovanni (Giò Giò) con i colpi al “piccolo” Michele, i suoi dinosauri e le sue consonanti strascicate (su di lui bisognerebbe fare un’intera recensione!); ho versato mille lacrime con il racconto del vecchio Giò e ho riso nei momenti in cui faceva la vecchia comare con D, facendo arrabbiare Michele; poi mi sono sorpresa con Amir, che è stato la rivelazione del romanzo; non voglio dimenticare Juliette e Gioia, che incarnano le madri, entrambe spaventate, ma entrambe donne fortissime, che ho apprezzato appieno; chi manca? Sergio... con il suo senso di colpa, con il dolore della perdita, con la sua capacità ogni volta di rialzarsi.
Loro sono i miei eroi, quelli veri, quelli di tutti i giorni, quelli che mi hanno insegnato qualcosa di più della vita per viverla in modo profondo.
Grazie a voi e grazie a Mirya, sì questa volta il mio ringraziamento è per lei, che ha scritto un altro capolavoro (non vedo l’ora di tenerlo tra le mani e venerarlo, come un dono di D) ed è stata capace di sedersi vicino a D e riflettere della vita nella sua interezza.
Ringrazio anche il mio vecchio pc, il mio primo pc che mi accompagna dalla quinta elementare, ma non uso spesso, dato che ha un sacco di problemi con Word, problemi che questa volta non ci sono stati. Mi piace pensare che sia un segno del destino, o forse Lele che ha pregato, affinché scrivessi questa recensione, quando ho detto animatamente: “Io non la scrivo!”
L’ho scritta e spero che sia piaciuta. Voi avete letto Trentatré? Non l’avete ancora fatto? Molto male, affrettatevi a comprarlo a un prezzo piccolissimo.












E ora mi ritaglio un momento spoiler, quindi chi non ha letto, non vada avanti. 
La fine è stata sconvolgente. Ho pianto tanto che al mattino avevo gli occhi gonfi e penso di aver pianto anche nei miei sogni. Ho sentito quei colpi, prima che arrivassero, ho cantato insieme ai protagonisti, ho visto tutti quegli incastri futuri insieme a D e Grace. Mi ricordo tante frasi, ma una mi torna in mente ossessivamente e mi fa scoppiare in lacrime ogni volta «L’avrei amato così tanto».
So che con tutte le frasi profonde che ci sono, questa è proprio banale, ma è così. Sarà che sono romantica, sarà che ho dei seri problemi al cervello, sarà che... non lo so neanch’io...
Però ora vi lascio e vado a trovare un fazzoletto! 




2 commenti:

  1. Scusa ma ho visto solo ora questa recensione e ho gli occhi che luccicano: è uno splendore!
    Grazie di cuore, non potevo nemmeno sognare un giudizio così generoso!

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    1. Mirya non ti devi proprio scusare, tranquilla. Sono contenta che ti sia piaciuta, anche se... sei sicura di non aver tagliato le cipolle?
      Grazie a te, è tutto merito tuo!

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