Titolo: La ragazza delle arance
Titolo originale: Appelsinpiken
Autore: Jostein Gaarder
Genere: narrativa
Casa editrice: TEA
Anno di pubblicazione: 2007
Disponibilità: cartaceo ed ebook
Prezzo copertina:8,50
Prezzo web: 6,99
Numero di pagine: 193
Trama:
Georg Røed ha quindici anni e conduce una vita tranquilla, come la maggior parte dei suoi coetanei. Ma un giorno trova una lettera che suo padre gli aveva scritto prima di morire e che aveva poi nascosto, affinché il figlio la potesse trovare una volta grande. In questa lettera il padre, Jan Olav, racconta la storia della "ragazza delle arance", una giovane con un sacchetto di arance incontrata un giorno per caso su un tram di Oslo e subito persa. Per Jan è un colpo di fulmine. Georg si appassiona a questo racconto, che si accorge riguardarlo molto da vicino e che pian piano gli svela ciò che è accaduto prima della sua nascita; un racconto attraverso il quale la voce del padre lo raggiunge da lontano facendolo riflettere sul senso della vita.
Recensioni:
La ragazza delle arance di Jostein Gaarder è un romanzo che non saprei classificare, come tutti quelli dello stesso autore. Mi sono consultata con Lele, ma anche lei non sapeva cosa rispondere.
Spero che qualcuno abbia letto qualche libro di questo
autore, perché è assolutamente da conoscere.
Norvegese, studioso di filosofia, teologia e letteratura,
conosciuto per Il mondo di Sofia che Lele mi ha detto essere il più complesso
di tutti quelli che Gaarder ha scritto.
Nelle sue opere la semplicità della scrittura si mescola
a tematiche complesse ed esistenzialiste, ma rese in modo comprensibile ed
elementare.
Tutti ci siamo chiesti chi siamo, da dove veniamo, perché
dobbiamo morire, perché esistiamo e lui cerca di rispondere con semplicità,
come faremmo noi stessi, ma sicuramente avendo alle spalle una grande cultura.
Ancora un attimo prima del libro. Ringrazio nuovamente
Lele, che ho conosciuto, quindi il ringraziamento sicuramente è doppio.
Ora si può partire.
Questo romanzo è scritto da Gaarder, ma ci sono due
personaggi che ci guidano in prima persona nella vicenda: George e suo padre
Jan.
George ha quindici anni e viene in possesso di una
lettera scritta dal padre e ritrovata nel suo vecchio passeggino dai nonni. Jan
è morto da undici anni e quindi tutti vogliono sapere cosa ci sia scritto, ma
la lettera è indirizzata unicamente al figlio, che si rinchiude in camera solo
con la sua Coca cola e inizia a leggere.
Io amo le lettere, quindi ho amato questo libro appena
l’ho iniziato. Inoltre la lettera di Jan è veramente stupenda. Mentre scrive,
sa di star per morire e affida al figlio la sua storia. Tutto questo viene
commentato da George che ogni tanto smette di leggere e esprime quello che
prova, facendo delle riflessioni.
La lettera è stupenda anche perché Jan si vuole far
conoscere dal figlio, un figlio che ha conosciuto, ma era ancora troppo piccolo
per istaurare un dialogo o capire fino in fondo le parole del genitore.
Inoltre Jan sente la fine imminente, il dolore di
lasciare un figlio piccolo e di non vederlo crescere insieme alla moglie.
Nella lettera c’è una co-protagonista, noi diremmo, che è
proprio la Ragazza delle arance. Jan la vede per la prima volta sull’autobus,
mentre va alla facoltà di medicina. E’ il suo primo giorno e sale sul mezzo
pubblico vedendo questa macchia di colore arancione in mezzo a tutte le persone
che ci sono.
Io ho letto questa parte proprio in autobus ed è stato
come se potessi vedere la scena lì davanti ai miei occhi. Mi sono guardata
intorno ed è stato grande lo sconforto quando ho visto che non era pieno e non
c’era nessuno dei due personaggi.
Questa ragazza lo fissa da subito, tenendo in mano questa
grandissima busta contenente le arance.
“Notai inoltre il modo in cui mi osservava, come se in un
certo senso mi avesse scelto fra tutte le persone che si erano riversate sul
tram; era successo nel giro di un secondo, quasi come se fossimo già uniti in
una specie di alleanza segreta.”
Sinceramente quando ho letto questa frase, mi è venuta in
mente quella del Piccolo Principe di
Antoine De Saint-Exupéry, quando la volpe parla dell’addomesticare. La Ragazza
delle arance sceglie di addomesticare fin dal primo momento Jan, lo sceglie tra
tutti gli altri e lui per lei diventa unico. Così succede per Jan nei confronti
della ragazza.
Sinceramente quello che ho apprezzato di più sono i
pensieri di Jan su questa misteriosa co-star. Non la conosce, ma come qualcuno che
si innamora di un estraneo si mette a fantasticare, inventando ogni genere di
trama. Magari è fidanzata? Dove andrà? Ma il pregio di Jan è la sua grandissima
fantasia. Quest’uomo ha la mente dei grandi poeti e così dice lui stesso che
aveva due strade per il futuro: o quella del poeta o quella del medico e alla
fine aveva scelto l’ultima.
Jan comunque la guarda e non la guarda, ma vede ad ogni
curva che il sacchetto pieno di arance cadrà. E questo cade per un salvataggio
sbagliato di Jan e le arance rotolano dappertutto.
Si sente umiliato e non riesce a spiccicare parola,
mentre lei lo guarda negli occhi e con tono pungente gli dà del “cretino”.
La storia procede con Jan, che spera di incontrare sempre
questa fantomatica ragazza e quando si vedono, non parlano quasi mai, però si
tengono per mano. I loro incontri sembrano sempre delle fiabe e ogni volta
Georg si chiede chi sia questa Ragazza. Il primo amore del padre o sua madre?
Arriva anche il primo bacio, così dopo la messa di
Natale, nell’attesa del taxi che porterà lei da qualche parte(Jan non sa dove…).
Ma la Ragazza delle arance gli dice che lo dovrà aspettare.
“Quanto puoi aspettare?”
[…] Dissi: “Posso aspettare fino a quando il cuore non
sanguinerà per il dolore.”
Lei deve partire per sei mesi e se lui non la cercherà,
gli promette che potranno stare insieme per i sei mesi successivi. Entrambi si
legano nella promessa.
Jan tenta di aspettare, ma è curioso, perché la Ragazza
delle arance nel salutarlo ha detto il suo nome. Non si dà pace, ma non la
trova mai in nessuno dei luoghi dove si erano incontrati. Poi l’arrivo di una
cartolina gli riaccende la speranza: Il giardino degli aranci.
Non vado avanti con la storia, perché poi ho paura di
rivelarvi tutto e non è giusto. Il mio consiglio è di leggerlo, perché è un
invito alla vita e a cogliere l’attimo. La storia tra Jan e la Ragazza delle
arance insegna a buttarsi a capofitto nelle cose, a cercarsi e a non perdere
tempo. Certo, la rottura della promessa porta anche alla morte della colomba,
quindi alla fine della loro storia, ma io credo anche a vivere ed esaltare ogni
momento proprio perché questa fine è imminente.
Inoltre il rapporto genitori-figli è l’anima del libro.
Jan si fa conoscere, ma insegna anche la vita a Georg. In una lettera assolve
il suo compito di genitore, non presente, ma comunque partecipe.
Jan è un poeta, ma soprattutto filosofo, potremmo dire
che è Jostein Gaarder stesso, perché mostra le meraviglie del mondo e della
vita, ce le mostra tutte con semplicità, ma come un padre dovrebbe mostrarcele.
Non ci siamo solo noi, ma c’è tutto un mondo, un universo e noi siamo cose
davvero piccolissime. Ci richiama l’idea che noi siamo nulla rispetto al mondo
che ci circonda e proprio per questo c’è anche la paura di morte, perché si ha
paura di essere “buttati fuori”(Jan) da tutto questo grande universo. Da una
parte c’è il dolore di perdere lo spettacolo di questa grandissima bellezza che
è la vita, ma dall’altra quello di essere dimenticati proprio perché l’universo
è una cosa immensa.
I due libri che avevo da leggere in un certo senso si
rispecchiano. Jan e Gus non sono poi così diversi, perché entrambi sono
semplicemente umani. I libri si mescolano anche per le tematiche: amore,
malattia, morte.
Ma se ci pensiamo, Green e Gaarder volevano presentarci
la vita.
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