oggi sono tornata con ben tre recensioni. No, non mi sono dopata con le patatine al lime e pepe rosa, nè con il sushi del giapponese. Sono stata semplicemente ispirata da un unico autore, che mi ha completamente rapito il cuore. John Green.
Più che recensioni, vorrei che fosse un viaggio all'interno dei romanzi di Green. Le ho scritte due giorni fa tra le lacrime e ringrazio Lele per la correzione.
Aggiungo che non ho svelato praticamente nulla, rimanendo sul vago, in modo che tutti possano leggere senza problemi.
Ora lascio la parola alla me stessa di due giorni fa.
Non so cosa abbia aspettato a scrivere queste recensioni, me
lo chiedo ora e me lo chiederò per tanto tempo.
E’ un mese che tento, ma continuavo a leggere libri di
Green e non producevo nulla. Niente di niente, solo lettura e ammiravo la
scrittura, ammiravo i sentimenti che mi trasmetteva, piangevo, ma continuavo a
leggere pensando “Prima o poi, quell’uomo mi deluderà.” E invece no. Sì, ho
visto Laura Pausini e ora sto per iniziare a cantare E invece no, ma non lo
farò, siccome queste tre recensioni devono venire alla luce.
Devo trasmettere cosa mi dona ogni volta che leggo. Non so scrivere, anche se amo farlo, ma sento che davanti a questi
libri ogni parola sembra dannatamente sbagliata. Però ci voglio provare, perché
è importante.
Ho letto tutti i libri di Green, tranne uno. Teorema Catherine per l’esattezza. E’ in
ristampa e spero che la Rizzoli lo ridia ai lettori, siccome sono convinta che
i libri di Green vadano conosciuti.
Sembrerò una fangirl, ma lo sono. In ogni senso. Sono una
fangirl della vita e me l’ha insegnato Green tramite i suoi libri e i suoi
meravigliosi personaggi.
Questo mese e mezzo ho vissuto a casa mia, ma anche
insieme a loro. Gus, Hazel, i genitori di entrambi, Isaac, Miles, il Colonnello
e sua madre, Alaska, Takumi, Margo, Quentin, Ben, Lacey, Radar…se me ne sono
scordato qualcuno mi può chiedere i
danni morali e giuro che risarcirò.
Mi sono riletta Colpa
delle Stelle, ho sentito il dannato bisogno di farlo, perché l’avevo letto
troppo velocemente, perché mi chiamava come se dicesse Ehy, sono qui, mi devi riaprire. Ho ancora da dirti qualcosa. Aveva
effettivamente tanto da dirmi. Per prima cosa dovevo rileggerlo per piangere di
meno e ascoltare di più. Il dolore esige
di essere ascoltato e penso di averlo fatto in modo più consapevole.
Ho sentito e ho capito. Ho sentito e ho amato di più.
Nello stesso giorno in cui ho comprato Colpa delle stelle, che avevo già letto
(se volete andare alla mia recensione, cliccate qui) ho preso anche Città di
carta.
L’ho preferito, in quel momento,
a Cercando Alaska, forse perché mi piaceva l’idea della carta, dei
libri.
Sono stata sedotta inoltre dal retrocopertina:
E se la ragazza
dei tuoi sogni piomba in camera tua nel cuore della notte? * La segui, ovvio.*
E quando scappa, la rincorri.
Quentin rincorre Margo, ma forse lei vuole farsi trovare.
Ogni volta Margo scappa, parte senza dire nulla, va da qualche parte, ma lascia
dietro di sé dei piccolissimi indizi, che per chi non la conosce davvero, non
sono nulla di rilevante.
Ma la verità è: conosciamo davvero gli altri? Sappiamo
davvero chi sono? Detta così, sembra che tutti nascondano qualcosa. Forse è
vero, ma comunque la vera domanda è: come conosciamo gli altri?
Ognuno vede una faccia di una persona, al massimo
qualcosa di più, ma a volte vediamo solo ciò che lei ci mostra. Margo è
qualcuno per Quentin, ma per la sua amica Lacey è un’altra persona.
Margo è tante Margo, ma non si sente mai una persona
profonda, perché non ha mai dato modo a nessuno di vederla.
In questa profondità,
però c’è spazio per l’ironia, per l’amore e per l’amicizia. E’ sempre Green,
quel fantastico scrittore che sa farci vedere la vita nel suo migliaio di
sfaccettature. Ho amato viaggiare con Ben, Radar, Lacey e Quentin. Quest’ultimo
è davvero un narratore eccezionale.
Avete presente quei viaggi meravigliosi che si fanno con
gli amici? Ma se fosse anche una missione di salvataggio, non sarebbe tre volte
meglio? Tra mucche per la strada, amici che hanno costantemente la vescica da
svuotare (“E poi c’è Cisco che passa al bagno un’eternità shalala” scusate, piccola
digressione musicale della mia infanzia!), kilometri in una macchina, che
diventa anche casa. Sì, mi sono divertita ed emozionata con loro.
“Q” sbotta Lacey, furiosa. “Non posso mangiare niente di questa roba!”
Ben le mette una mano sul gomito. “Ma puoi mangiare i Biscotti della Nonna. Non ti fanno male, li ha fatti la Nonna. La Nonna non ti farebbe mai del male.”
E arriviamo al primo libro scritto da Green, Cercando
Alaska.
Ho pianto alla fine, ma se lo rileggessi piangerei anche in un altro punto. Però ero troppo sorpresa. Certo che Green avrà dato anche dei segnali,
ma io non li ho proprio colti.
Forse mi è piaciuto meno, ma non da dargli tre. E’ stata
rabbia in principio e poi lacrime calde. Questo vi posso dire della fine del
romanzo. Ho promesso che avrei rotta la promessa. Volete sapere quale era la
promessa? (Mi sento Green, quando fa quei discorsi super contorti, ma allo
stesso modo chiarissimi.)
Leggere tutti i libri di Green e forse ce la farò, in
fondo me ne manca uno (io spero che ne pubblichi altri...oltre che Let it snow non è stato tradotto!). Però lì ho pensato
che ero stanca, stanca di piangere come un’ossessa per i suoi libri, per farmi
male e allo stesso tempo così bene.
Ho imparato qualcosa anch’io da Alaska. Non solo Miles.
Ciccio, tu non hai il primato su Alaska! (Mi sento un po’ il Colonnello in
questo momento.)
Ciccio è il soprannome che viene dato a Miles dal suo
compagno di stanza, Chip detto il Colonello, appena si conoscono. Miles è un
ragazzo senza amici, che vive in una sua dimensione di studio e di amore per le
Ultime Parole.
Le Ultime Parole di cosa direte voi? Gli ultimi discorsi,
prima di morire, pronunciati da personaggi noti dell’Umanità. Scrittori.
Presidenti. Reali. Legge le loro biografie e ricorda quegli ultimi istanti,
come se in quello fosse rinchiusa tutta la loro esistenza. Non conosce le loro
opere, ma quelle ultimissime parole.
Green ci spiega che lui stesso è ossessionato come Miles
dalle Ultime Parole. Per questo mi piacciono le note di Green, perché spiega
sempre quali siano state le idee di partenza.
Si mette in gioco lui per primo. In Città di carta ci spiega per esempio cosa siano queste città di
carta. E’ stato meraviglioso scoprirlo, ma non ve lo dico per non togliere la
sorpresa. Siccome è la domanda che deve dirimere anche Quentin.
Come Gus e Quentin, anche Miles insegue la sua donna. Mi
sono chiesta infatti se anche lo stesso Green abbia dovuto inseguire le sue
ragazze, perché è qualcosa di molto ricorrente nei romanzi. Se mai lo
incontrerò, glielo vorrei proprio chiedere.
Un altro personaggio fondamentale è sicuramente il
professore di Cultura religiosa, definito il Vegliardo. I paragoni tra cultura
musulmana, cristiana e buddhista interessano tutto il libro. Si cercano
risposte alle domande esistenziali, perché tutti noi umani ce le facciamo. Prima
o dopo arriva un momento in cui ci chiediamo il perché.
“Ma cos’è il male?” domandai. Sentii che la sua mano non era più su di me.
“Niente è male. Ma si soffre sempre, Ciccio. I compiti a casa, la malaria, avere un fidanzato lontano quando c’è un bel ragazzo disteso vicino a te. La sofferenza è universale. E’ l’unica cosa che fa paura a tutti, buddhisti, cristiani, musulmani.” [dialogo Ciccio&Alaska]
L’uomo avere delle certezze. Non riesce a sopportare che l’idea che la morte sia un nero e immenso nulla, il pensiero che i suoi cari non esistano più, e tanto meno può immaginare se stesso come non esistente. Conclusi affermando che l’uomo crede nell’al di là perché non ha la forza di non crederci. [compito di Miles]
Cosa mi ha insegnato Alaska? Tantissimo, ma lascio la parola a Miles, perchè la risposta sta solo nell'ultima pagina.
P.S Se il messaggio nel mio testo non fosse abbastanza chiaro, ho dato a Città di carta 5 booklovers e 4 a Cercando Alaska. Inoltre vi dico...COMPRATELI!!!
P.P.S Seguitemi nella seconda parte, tutta dedicata a Will ti presento Will di Green e Levithan. Penso domani...sì domani...se non mi dimentico XD.
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